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MOSSO Angelo

31 maggio 1846 - 24 novembre 1910 Nominato il 04 marzo 1904 per la categoria 18 - I membri della Regia accademia delle scienze dopo sette anni di nomina provenienza Piemonte

Commemorazione

 

Atti parlamentari - Commemorazioni
Giuseppe Manfredi, Presidente

Onorevoli colleghi!
[...]
Una morte, transito a più splendida vita nei fasti del mondo scientifico, è stata quella di Angelo mosso, avvenuta in Torino il 24 novembre. La fama, che dello scienziato vivente andava man mano celebrando i meriti e le conquiste, ora dalla sua tomba, con il lamento funebre, spande il grido della intiera sua gloria.
Dagli umili natali, avuti in Chieri il 31 maggio 1846, si eleva da sè il giovane intelletto agli studi ginnasiali e liceali paesani, indi ai facoltativi di medicina e chirurgia in Torino, conseguendo laurea d'onore nel 1866 con discussione di tesi rivelante il genio e preludio ai futuri giganteschi passi. In Firenze al laboratorio dello Schiff, in Lipsia a quello del Ludwig, in Parigi, si perfeziona nella fisiologia, ed appaiono le sue prime pubblicazioni a farlo salire in cattedra, tornato in Italia nel 1875; prima per la farmacologia nell'università di Torino; nel 1876 per la materia medica; nel 1878 per la fisiologia, con la direzione del laboratorio, successore del Moleschott trasferito a Roma. Affetto, riconoscenza, riverenza dei discepoli all'insigne zelantissimo maestro.
Si fa splendida la figura del fisiologo chiamato sommo da tutti gli studiosi, acclamato dagli stranieri, ammirato e commentato dai dotti di tutto il mondo nelle sue stupende intuizioni e clamorose scoperte, vincitore nel 1879 del gran premio della nostra Regia cccademia dei Lincei. Lungo l'elenco dei preziosi volumi dello scrittore scienziato; ricchi di sue memorie gli annali delle Accademie; ed anche una letteratura scientifica, in libri per il pubblico dei profani volgarizzanti all'intelligenza di tutti i fenomeni psicologici, massimamente quelli curiosissimi della fatica e della paura.
Dalle indagini sull'esercizio e sulla fatica il fisiologo è spinto agli studii d'igiene; e sopravvengono le sue pubblicazioni sull'educazione fisica; della quale si fa intenso cultore, propugnatore attivissimo, apostolo entusiasta; degli esercizi fisici in Italia promovitore; dell'alpinismo divulgatore. "Fu Quintino Sella, che mi spinse - diceva - verso le Alpi".
Dell'educazione fisica il fervore in lui è per amore della morale e civile. Un viaggio negli Stati Uniti, nel 1899, ad invito di quella università, a scopo scientifico, gli porge occasione di studiare la vita di quel popolo, rapporto principalmente ai problemi dell'educazione. Frutto di quel viaggio il suo libro: La democrazia nella religione e nella scienza. La vista degli emigranti lo conduce all'esame delle relative questioni sociali. L'altro volume: Vita moderna degli Italiani, è dedicato alla figlia, perché impari a conoscere la sua patria e ad amare i poveri.
Vietata all'emerito la cattedra, chiusogli il laboratorio dal morbo fatale, non gli lascia riposo la mente avida; si innamora degli scavi d'antichità; eccolo archeologo appassionato, e con ardore giovanile meraviglioso agli studi di archeologia e di etnologia preistorica. Scrutato l'essere umano vivente, esplora le età sepolte, tenta rompere le tenebre della preistoria. A costo di stenti, disagi e fatiche percorre i litorali mediterranei, Sicilia e le Puglie in traccia dell'antica civiltà italica; lo attrae la preistoria ellenica, rinnovata dalla moderna archeologia, ed è in Creta nel 1906 allo spettacolo di quell'altra civiltà dissepolta; e delle escursioni sue e degli scavi veduti illustra i risultati dando al pubblico europeo notizie non possedute per l'addietro che dai dotti.
Ricco di titoli accademici; socio de' principali istituti scientifici, non solo d'Italia, ma di Europa e d'America; coperto di onorificenze; non ne menava pompa l'uomo semplice, sobrio, bonario. L'ammirazione entusiastica manifestatagli dal Congresso internazionale di fisiologia, tenuto in Bruxelles nel 1903, fu onore dello scienziato, onore d'Italia.
Il Senato, cui appartenne dal 4 marzo 1904, lo ha veduto qui premuroso portare la saggia parola nelle discussioni, finché il forte spirito poté dominare la fibra interna. Teniamo notevoli, fra d'altri, i suoi discorsi sull'educazione fisica degli ufficiali e dei soldati, sui bilanci dell'istruzione e della guerra, sul Politecnico di Torino, sul Policlinico e sugli ospedali di Roma.
Sulla vetta del Monte Rosa la capanna Osservatorio Margherita, l'istituto scientifico internazionale sul versante valsesiano del monte presso il Colle d'Olen, sottostante alla capanna, a 3000 metri sul livello del mare, si ergono a memoria della munificenza dell'augusta Regina, della mondiale riconoscenza del merito scientifico di Angelo Mosso, della Capanna ampliatore, dell'istituto creatore. Memorando è quel giorno 27 agosto 1907, in cui, con l'intervento della Maestà di Margherita di Savoia e di illustri rappresentanti di varie nazioni, fu inaugurato quel nuovo tempio della scienza; laboratorio di studio de' vari fenomeni, che si manifestano nell'alta montagna; per voto del comitato direttivo e d'una eletta rappresentanza di fisiologi d'ogni parte del mondo civile, convenuti ad Eidelberga, intitolato al nome di Angelo Mosso. A quell'altezza è scolpito su lapide questo nome e vi starà sublime ai posteri; ma noi mandiamo al compianto celebrato collega, anche a maggiore altezza, il pensiero con l'addio estremo; glielo mandiamo alle superne sfere dal suo genio meritate. (Vivissime approvazioni).
[...]
CARLE. Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CARLE GIUSEPPE. Mi associo alle nobili commoventi, ispirate parole del nostro illustre Presidente per la perdita immatura di Angelo Mosso.
Coetaneo di lui, ed anzi più vecchio di un anno, come lui uscito da modeste condizioni, suo compagno sui banchi della stessa università e poi collega di insegnamento, ancorché in materie diverse, da ultimo unito e stretto con lui da un culto ed un entusiasmo comune per le antichità classiche, sento il bisogno ed il dovere d'inchinarmi a questo intrepido ed indomito lavoratore, ispirato sempre ad alti ideali, che, durante l'epoca della salute, dedicò tutto se stesso al problema della vita e della fatica nei laboratori di fisiologia e sull'ardue vette dei monti; e poi, quando la sanità del corpo non gli consentì più né il lavoro chiuso del laboratorio né quello aperto ma arduo dell'alta montagna, si fece a ricercare nei campi sterminato della morte le prime tracce ed origini della nostra stirpe, e chiese alle tombe il segreto della vita primitiva dei nostri progenitori.
E fu bene che egli così facesse, onorevoli colleghi, perché non è a desiderarsi che i dominii sterminati di questa o di quella scienza siano sempre lasciati esclusivamente agli specialisti; né è la prima volta che chi abbia buona tempra d'ingegno e il culto del vero, entrato nuovo, senza preconcetti e senza direttive troppo determinate, in altro campo di studi, possa scoprirvi cose, che gli specialisti non potevano forse scorgervi, e trarne induzioni, congetture, divinazioni, ipotesi nuove, le quali in ogni evento potranno sempre essere combattute o meglio avverate da altri più agguerriti in quelle ricerche.
Questo è certo, o signori, che io, vecchio di un anno più di lui, malfermo di salute come lui negli ultimi anni, non avrei mai creduto di accompagnarlo all'ultima dimora; ma posso attestare al Senato che il funerale di Angelo Mosso a Torino per imponenza, per solennità, per emozione della moltitudine, che l'ha seguito, potrà difficilmente essere superato, per quanto egli fosse modestamente nato e avesse modestamente vissuto.
Otto studenti portarono il feretro di Angelo Mosso su le loro braccia sotto il portico dell'istituto di fisiologia, che può dirsi suo perché inaugurato da lui, degno successore di Iacopo Moleschott. Fu di colà, sulla spianata di fronte al viale del Valentino, e di fronte alla collina che separa Torino da Chieri, che il 25 novembre, mentre cadevano le foglie, e sorgevano e biancheggiavano nitidi, dall'una e dall'altre riva del Po, gli edifizi dell'Esposizione futura, furono detti i discorsi estremi ad Angelo Mosso. Furono pochi, ma furono buoni quei discorsi: si parlò a nome della città di Torino, dell'università, dell'Accademia delle scienze dell'Accademia dei Lincei, del Club alpino italiano, della Federazione ginnastica italiana, del Senato e si parlò davanti ad una moltitudine di allievi di varie generazioni, ad una folla di ammiratori, di colleghi, di amici di ogni condizione e classe sociale, di persone che l'avevano conosciuto e di altri che avrebbero desiderato di conoscerlo.
Sembrò, come ebbe a dire, giovine di cuore sebbene venerando per età l'onorevole Boselli, che lo spirito di Angelo Mosso, sciolto dai vincoli corporei, si librasse e si innalzasse nell'aere oltre le collina di Superga, che separa Torino dalla libera città di Chieri, collina che egli, adolescente, valicava a piedi fino a Torino per prendervi le lezioni, e di là spaziasse nella immensità dell'aere tra le vette delle montagne, sopra la vastità del mare, continuando a ricercare i misteri della vita e della morte ed i segreti della civiltà scomparsa.
Intanto la salma di Angelo Mosso, coll'unanime consenso di tutto il Consiglio del comune era collocata nel Famedio della Città di Torino, che per un momento fu anche il Pantheon degli uomini illustri che contribuirono al Risorgimento italiano.
E fu giusto giudizio, onorevoli colleghi, giacché Angelo Mosso fu uomo di un unico culto, quello disinteressato della scienza, di cui fu fervido apostolo finché fu sano di corpo, e paté scrivere della mens sana in corpore sano; continuò ad esserlo allorché la sanità del corpo gli venne meno, ma continuò il vigore della mente, e può dirsi esser tale anche dopo la sua morte, perché Angelo Mosso poteva ben dire col filosofo: Non omnis moriar,essendo egli stato fra i fortunati che seppero trasmettere in generazioni di allievi l'afflato e l'entusiasmo del maestro.
Prego la presidenza del Senato a voler trasmettere le condoglianze del Senato alla egregia famiglia del Mosso ed alla Città di Torino, che può dirsi avergli dato i natali, essendo Chieri prossima e contigua a Torino, dove egli ha compiuto la sua operosa giornata, mentre Torino Gli ha pur dato una tomba degna di Lui. (Approvazioni).
LUCIANI. Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
LUCIANI. Onorevoli Colleghi!
A far eco alla bella commemorazione di Angelo Mosso, pronunciata dal nostro illustre Presidente, mi sospingono gli antichi rapporti di amicizia, i comuni ideali, il soggetto stesso del nostro culto, la scienza della vita, a servizio della quale dedicammo entrambi l'opera nostra.
Noi ci conoscemmo fin dai primi anni della nostra carriera scientifica; avremmo Carlo Ludwig, illustre filosofo di Lipsia, a nostro comune maestro. Da lui attingemmo entrambi l'amore, direi anzi la passione alla ricerca fisiologica, che coltivammo con tutte le nostre forze, seguendo ciascuno di noi vie proprie, talora collaterali, qualche volta divergenti, sempre sospingendoci innanzi liberamente secondo gl'interni impulsi, secondo il proprio temperamento. Anche quando non ci trovammo d'accordo in qualche speciale questione, non ci venne mai meno la stima reciproca, e a misura che si accrebbero le occasioni di meglio conoscerci personalmente, la nostra amicizia divenne sempre più intima, sempre più affettuosa. L'omaggio che con le mie disadorne parole ora rendo all'illustre collega ed amico di cui deploro la perdita, è dunque improntato alla più schietta sincerità ed è l'espressione commossa del mio sentimento.
Con la morte di Angelo Mosso scompare una simpatica e caratteristica figura di fisiologo d'azione,che con le sue invenzioni , con la sua instancabile operosità, con le sue belle iniziative, con la forma letteraria delle sue pubblicazioni, con la parola calda e luminosa con cui egli sapeva dar forma e colorire il suo pensiero, tenne con onore la bandiera della scienza italiana e la seppe fare apprezzare da connazionali e dagli stranieri.
Nel Mosso noi possiamo considerare la figura del fisiologo sperimentatore, quella del volgarizzatore della scienza, quella del propagandista dell'educazione fisica della gioventù e nell'ultimo periodo della sua vita, quella dell'archeologo esploratore.
Come fisiologo diresse i suoi studi sperimentali a svariati argomenti e lasciò traccia dell'opera sua in differenti capitoli della fisiologia. Le più fortunate tra le sue ricerche furono dirette ad ottenere l'espressione grafica e la spiegazione meccanica di molti movimenti fisiologici. Non è questo il luogo per ricordarli singolarmente e farne apprezzare il loro intrinseco valore e l'originalità dei metodi da lui ideati. Dirò solo che col suo pletismografoegli ottenne le curve delle oscillazioni volumetriche sia degli organi recentemente staccati del vivente e sottoposti alla circolazione artificiale, sia degli arti dell'uomo normale, dovute ai cambiamenti del tono vasale e alle pulsazioni delle arterie. I suoi svariati studi Sulla circolazione sanguigna cerebrale nell'uomo gli meritarono, nel 1879, il premio peale dei Lincei, perché il complesso dei fenomeni da lui descritti destarono la speranza che egli avesse dischiusa una nuova via per scoprire i cambiamenti fisiologici (almeno i più appariscenti) che accompagnano l'attività psichica.
Tra i più ingegnosi lavori del Mosso sono quelli coi quali analizzò le diverse forme di oscillazioni pulsatorie, positive o negative, dipendenti dall'attività del cuore, trasmesse alle arterie, alle vene, all'aria polmonare, alle pareti toraciche ed addominali. Sono contributi durevoli, perché fondati su ricerche condotte con tecnica perfetta e guidati da fine discernimento critico.
Anche nello studio delle contrazioni muscolari egli introdusse nella tecnica un altro speciale istrumento di usa invenzione, l'ergografo,col quale poté ottenere la rappresentazione grafica del decorso della fatica dei muscoli flessori della mano, e studiarne le variazioni nelle diverse condizioni intrinseche ed estrinseche.
Continuando le ricerche iniziate in Francia dal Marey, egli contribuì col suo sfigmomanometroa perfezionare il metodo per misurare nell'uomo, per via indiretta e indipendentemente da atti operatori chirurgici, la pressione media dominante nell'aorta, rendendo possibile ai clinici di studiarne i cambiamenti nelle svarianti contingenze morbose.
Questi ed altri minori lavori di meccanica fisiologicacostituiscono senza dubbio il nucleo principale dell'opera scientifica del Mosso, per cui il suo nome rimarrà legato onorevolmente negli annali della fisiologia.
Meno felici furono le sue ricerche sulla genesi e sulla metamorfosi dei corpuscoli del sangue, nelle quali sostenne idee arrischiate, che non furono sanzionate dalle indagini successive. Ma anche in questi tentativi si rivelò l'originalità del suo ingegno, in quanto riescì ad eccitare un movimento di revisione delle dottrine sull'emopojesi, che non furono inutili al progresso della scienza, a promuovere il quale, come è noto, val più talora un errore fecondo che una verità sterile.
Più numerosi ed importanti nel loro complesso furono i suoi lavori sul meccanismo,sul chimismoe sull'innervazione respiratoria.Le sue dottrine sulla respirazione periodica,sulla respirazione superflua, sull'apnea, sulla cosiddetta acapnìa, come una delle principali cagioni del mal di montagna, furono e sono tuttora molto discusse, e diedero medesimamente occasione, sia in Italia, sia all'estero, a tutta una letteratura. Si può giustamente osservare che in questi suoi studi egli precorse con rapidità un campo troppo esteso di esplorazioni scientifiche, senza esaurirne i singoli argomenti. Egli gettò senza dubbio molti semi lungo la via da lui percorsa, alcuni dei quali fruttificarono notabilmente.
Nel 1897 pubblicò un volume riccamente illustrato, dal titolo: La fisiologia dell'uomo sulle Alpi nel quale raccolse in forma elegante, in gran parte accessibile anche alle persone colte ma estranee agli studi fisiologici, la somma delle ricerche sue e dei suoi collaboratori, sugli effetti fisiologici delle ascensioni sul Monte Rosa.
Se si considera che a distanza di parecchi anni, nel 1906, quattro fisiologi tedeschi, Zuntz, Loewy, Fr. Mueller, W. Gaspari, pubblicarono un altro più grosso volume : Sulle ascensioni e sul clima di montagna, in cui tutte le questioni già trattate dal Mosso furono sottoposte a rigoroso controllo sperimentale e più largamente svolte e approfondite; si può ben concludere che le geniali iniziative del nostro compianto collega furono assai rimunerative per la scienza. E non bisogna dimenticare che all'Istituto scientifico internazionale,solidamente costruito a Col D'Olen, ai piedi del Monte Rosa, a circa 3000 metri di altitudine, si è dato onorevolmente il suo nome, perché promosso da lui, secondato dai mecenati della scienza, a capo dei quali il nostro armato Sovrano e la Regina madre. In esso accorrono annualmente gli studiosi di geofisica, di meteorologia, di botanica, di zoologia, di fisiologia e patologia.
Come volgarizzatore della scienza, la figura del Mosso è a tutti nota, specialmente pei suoi libri sulla paura e sulla fatica, che ottennero grande e meritato successo, facendosene in pochi anni parecchie edizioni italiane e traduzioni in lingue straniere. In queste pubblicazioni rivolte al gran pubblico, Il Mosso ha saputo associare il suo talento di fisiologo alle sue belle attitudini di letterato. Si può anzi dire che in esse l'artista si sovrappone e prepondera sullo scienziato. La forma semplice, facile, elegante delle sue descrizioni ed impressioni, spesso soffuse di delicato colorito sentimentale, conquista senza contrasti l'anima del lettore, che si sente condotto senza sforzo ad interessarsi di problemi fisiologici, pei quali non credeva di possedere la necessaria preparazione. Tanto basta per renderci conto del grande successo di queste volgarizzazioni scientifiche, facendo astrazione dal valore del loro contenuto filosofico, nel quale alita il pensiero del vecchio Democrito, che ritengo superato da quello più luminoso ed umano, che in Platone ed Aristotele raggiunse nell'antica Grecia un così poderoso svolgimento.
Ma ciò che più preoccupa il Mosso in questi scritti popolari, è di guidare il lettore alle osservazioni precise dei fenomeni naturali; è di porgere esempi di descrizioni vive e impressionanti, nelle quali è messo in rilievo ciò che generalmente sfugge o passa inavvertito ai profani. Egli è come un artista raffinato che conduce un gruppo di signori alla visita di una pinacoteca, soffermandosi alquanto in ciascuna opera d'arte, richiamando l'attenzione dei visitatori su certi particolari interessanti, generalmente negletti dagli osservatori volgari.
Di assai maggiore importanza pratica è l'opera del Mosso come propagandista della riforma dell'educazione fisica della gioventù, sul quale argomento pubblicò libri, conferenze, articoli sulla Nuova antologia, che credo ora inutile di enumerare singolarmente, essendo a tutti abbastanza noti. Di essi diede qualche saggio lo stesso Mosso in più di un discorso pronunciato in quest'aula, col calore e convinzione di un apostolo, a proposito della discussione dei bilanci dei ministeri della guerra e della pubblica istruzione.
Questa propaganda in favore delle ginnastica nelle scuole è ispirata a sentimenti altamente patriottici; è lumeggiata dai ricordi delle antiche civiltà elleniche ed italiche. Sentite le nobili parole con cui concluse il suo libro: Sulla riforma dell'educazione. - "L'Italia è fra tutte le nazioni la sola che siasi rialzata più volte dopo essere caduta, la sola nazione che siasi veduta rinascere quattro volte dalle rovine. È un fenomeno biologico ed è una esperienza grandiosa, la quale dimostra che nelle nostre fibre deve essere più tenace la vita... È il sangue nostro che non si lascia corrompere dalle trasfusioni del sangue straniero. La volontà nostra si ridesta quando è prossima la dissoluzione; la vita e lo spirito latino si conservano pronti a nuove primavere nella storia dell'umanità.
Questo vediamo anche nell'educazione fisica. I ricordi più antichi degli Etruschi, quali si trovano nella valle del Po, dimostrano che presso di noi erano già popolari i giuochi nelle forme stesse che furono la gloria della Grecia. Dopo tanti secoli noi torniamo a commuoverci per le medesime cose. L'entusiasmo nostro è come una voce interna che risuona misteriosamente; è un grido delle generazioni passate che si risveglia nei discendenti quando è vicino il pericolo. L'indole nostra inalterata ci richiama agli ideali antichi, all'ammirazione della forza e della bellezza".
Ma l'ultimo periodo della vita scientifica del Mosso è quello in cui la nostra stima per lui assume la forma e l'intensità dell'ammirazione. Consigliato dai medici a rinunciare alla vita di laboratorio e di biblioteca, per ritardare al possibile il progresso di una malattia spinale di cui apparivano già manifesti i segni esterni, egli rivolse con entusiasmo giovanile tutta la sua attività alle ricerche archeologiche, alle esplorazioni delle reliquie più arcaiche della umana famiglia, peregrinando qua e là, ovunque poteva sperare, dietro le indicazioni degli specialisti in materia, di raccogliere materiali, di tentare nuove esplorazioni con qualche speranza di esito fortunato.
Nel 1906 recossi nell'isola di Creta per assistere agli scavi che la missione archeologica italiana eseguiva a Phaestos, e per prendere cognizione degli oggetti raccolti dalle esplorazioni della missione archeologica inglese. Tornato in Italia iniziò una serie di pubblicazioni sopra vari gruppi di antichità primitive scoperte in Italia o a Creta, estendendosi in comparazioni con quanto si conosce di simile in altri paesi.
Le più notevoli tra le pubblicazioni del Mosso d'interesse paletnologico fu il volume pubblicato nel 1907 dal titolo Escursioni nel Mediterraneo e scavi a Creta, che fu tradotto anche in inglese, e quello venuto in luce nell'anno corrente col titolo Le origini della civiltà mediterranea.In queste pubblicazioni fece conoscere al pubblico colto ma non dedito all'archeologia, ciò che gli scavi di Creta hanno messo in vista, molto più efficacemente ed estesamente di quello che si poteva ottenere colle dotte memorie dei membri delle missioni italiana ed inglese, secondo il competente parere del nostro illustre Pigorini.
Ma più ancora che il desiderio di divulgare quanto altri scoprivano, eccitava il Mosso ad una singolare attività quella di disseppellire egli stesso le reliquie che potevano recar nuova luce sull'antica civiltà minoica, e sulle influenze che essa esercitò sulle contrade bagnate dal Mediterraneo occidentale, cominciando dall'Italia.
Fu per questo che a partire dal 1908, eseguì scavi con esito felice nella Capitanata, nella Sicilia, nelle Puglie, negli Abruzzi.
Sopra questi vari scavi, che produssero copioso materiale archeologico ora affidato a pubbliche collezioni, il Mosso scrisse pregevoli memorie che contribuiscono notevolmente al progresso degli studi. Un solo ragguaglio è mancato, quello sopra gli ultimi scavi eseguiti nella valle della Vibrata. La morte ha colpito il nostro illustre collega nei giorni nei quali si apprestava a dar conto dei frutti della sua ultima campagna archeologica.
Onorevoli colleghi,
Ho sentito dalla voce del nostro collega Carle che il Consiglio comunale di Torino, adottando il Mosso come suo figlio e concittadino, ha deliberato di accogliere la sua salma nel Famedio degli uomini illustri.
Mi associo alla proposta che il Carle ha avanzata al nostro venerato Presidente, d'inviare alla famiglia del compianto collega, alla città natale e a Torino che fu il campo della sua gloria scientifica, le condoglianze del Senato. (Approvazioni).
MARAGLIANO. Domando la parola.
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare.
MARAGLIANO. Permettete, onorevoli colleghi, che io rivolga, come milite di quel corpo scientifico a cui appartenevano due degli eminenti colleghi che abbiamo perduto: Paolo Mantegazza ed Angelo Mosso, di rivolgere di qui alla loro memoria un omaggio, un riverente pensiero.
[...]
Ad Angelo Mosso, anch'esso uomo geniale, che nel campo della fisiologia non ha volgarizzato, ma ha creato: che ha impresso una orma originale in tutti i suoi studi, e ha fatto echeggiare acclamato il nome italiano nel mondo scientifico, si rivolge mestamente il mio pensiero di collega, pensiero di amico affettuoso, di estimatore profondo e alla desolata famiglia, all'università di Torino, che aveva in lui una delle più fulgide sue gemme, alla città di Torino e alla forte regione subalpina il nostro saluto, il nostro omaggio, il nostro compianto. (Approvazioni).
CREDARO, ministro dell'istruzione pubblica. Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CREDARO, ministro dell'istruzione pubblica. [...] Il nome di Angelo Mosso suona alto non solo nel mondo degli scienziati, ma anche in quello delle persone colte. Egli congiunse alla sagacia dello sperimentatore il magistero dell'esposizione.
Come il Redi e lo Spallanzani, ed altri grandi precursori, che studiò ed onorò, il Mosso fu uomo di scienza e scrittore efficacemente educativo. Le classiche esperienze descritte nei suoi libri, specialmente quelle sulla fatica e sulla paura, ebbero un'azione grande, non solo nel campo della fisiologia, ma anche in quello della psicologia e della fisiologia generale, e le sue scoperte indussero i filosofi ad una revisione critica dei risultati filosofici del tempo.
Conseguenza delle sue convinzioni scientifiche ed insieme dell'impulso estetico, che gli veniva dal felice contemperamento del suo spirito di scienziato e di artista, fu l'apostolato del Mosso per l'educazione fisica della gioventù.
Dalla postulata identità dell'energia fisica e psichica, dalle sue celebri indagini sulla circolazione del sangue nel cervello, non meno che dalle non superficiali cognizioni di storia e dai suoi viaggi, egli derivava preziosi ammaestramenti per la pedagogia scientifica, e la convinzione profonda che il popolo, il quale vince gli altri negli esercizi corporali, ben presto li vince anche nelle gare dell'intelligenza.
Il vivo interesse che negli ultimi anni si è destato intorno ai problemi della educazione fisica dei giovani si deve in gran parte all'apostolato del Mosso, al quale l'esercito ed il ministro della guerra son grati, non meno della scuola e del ministro dell'istruzione pubblica.
Il Mosso, a nuove ricerche volgendo negli ultimi tempi l'alacre e versatile ingegno, con giovanile ardimento si propose di squarciare il velo della preistoria e strappare il segreto dell'origine della nostra antichissima civiltà mediterranea alle tombe di quell'isola di Creta, su cui oggi si appuntano gli occhi degli archeologi e degli etnologi.
Purtroppo furono queste le ultime faville di quell'animo buono e sempre giovanile, di quel singolare ingegno, rapito improvvisamente all'ammirazione di quanti hanno in pregio il sapere, gli studi e le virtù civili. (Vive approvazioni).

Senato del Regno, Atti parlamentari. Discussioni, 5 dicembre 1910.