Condizione anziano
Commissione parlamentare d'inchiesta sulla dignità e condizione sociale dell'anziano
Sintesi
X legislatura (2 luglio 1987 - 22 aprile 1992)
La Commissione, composta da 24 senatori, si è costituita il 7 luglio 1988.
Presidente: sen. De Giuseppe (nomina annunciata il 1° luglio 1988)
La «Commissione parlamentare d'inchiesta sulla dignità e condizione sociale dell'anziano» è stata istituita con deliberazione del 17 marzo 1988 del Senato della Repubblica, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 70 del 24 marzo 1988. L'attività della Commissione venne prorogata, prima con deliberazione del 14 dicembre 1988, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 299 del 22 dicembre 1988, e poi ancora con deliberazione 27 aprile 1989, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 100 del 2 maggio 1989. Come previsto dall'articolo 3 della deliberazione istitutiva, la Commissione era composta da ventiquattro senatori nominati dal Presidente del Senato che provvedeva altresì alla nomina del suo Presidente al di fuori dei predetti componenti. La Commissione si costituì con la nomina a suo Presidente del senatore Giorgio De Giuseppe (nomina annunciata il 1° luglio 1988) e con l'elezione degli altri membri dell'ufficio di Presidenza, avvenuta il 7 luglio 1988.
Il 30 luglio 1987 era stato presentato alla Presidenza del Senato il Doc. XXII, n. 1 che chiedeva l'istituzione di una «Commissione parlamentare d'inchiesta sulla dignità e condizione sociale dell'anziano». Presentato dal senatore Cassola e da altri senatori, il documento fu esaminato dalla Commissione Affari costituzionali e poi discusso e approvato dall'Assemblea di Palazzo Madama il 17 marzo 1988, dando vita alla deliberazione istitutiva. L'art. 1 della deliberazione istitutiva stabiliva i compiti della Commissione, precisando che il fine di tale organo era «acquisire tutti gli elementi conoscitivi relativi alla condizione dell'anziano e verificare i risultati delle politiche adottate nell'arco degli ultimi dieci anni da parte della pubblica amministrazione nelle sue varie articolazioni (Stato, regioni ed enti locali), nonché i risultati di ogni altra attività anche di carattere privato o basata sul volontariato, al fine di fornire al Parlamento, al Governo e all'Amministrazione dello Stato, centrale e periferica, i punti di riferimento e proposte per orientare opportunamente l'attività legislativa e amministrativa». Emergono così gli obiettivi che l'inchiesta parlamentare intendeva raggiungere: compiere un'analisi globale della complessa realtà degli anziani in una società industriale, contrassegnata da tendenze demografiche e sociali capaci di porre problemi nuovi ai pubblici poteri, ed avanzare conseguenti proposte operative.
L'estrema ampiezza dell'obiettivo da raggiungere impose alla Commissione di compiere verifiche in maniera diretta ed indiretta, acquisendo importanti elementi conoscitivi attraverso l'audizione di rappresentanti delle organizzazioni dei lavoratori, di assessori regionali e dei ministri competenti per le politiche sociali, nonché attraverso sopralluoghi in strutture residenziali per anziani in province rappresentative delle diverse realtà sociali e territoriali. La Commissione acquisì anche studi e proposte prodotti nel dibattito politico e culturale di quegli anni - tra cui atti di convegni dedicati soprattutto alla problematica dei non autosufficienti - e promosse, per propria iniziativa, ulteriori approfondimenti su aspetti particolari della questione degli anziani.
I lavori della Commissione evidenziarono la crescente difficoltà di assistere adeguatamente gli anziani bisognosi di aiuto e di assicurare a tutti i pensionati un livello di reddito sufficiente. Tali difficoltà, generalmente avvertite in tutti i paesi dell'Occidente, erano acuite in Italia dal grave ritardo che si registrava nelle politiche previdenziali e dalla preoccupante situazione della finanza pubblica. La Commissione si concentrò anche sul problema dello stato sociale, ossia sul fatto che l'invecchiamento della popolazione accentuasse considerevolmente la crisi del welfare state, già in difficoltà per la burocratizzazione dei servizi e per il peso della spesa sociale sul sistema economico. In effetti, «le politiche di welfare sono praticabili nelle società in cui la popolazione attiva supera largamente quella assistita; quando invece la popolazione attiva tende a diminuire e la popolazione anziana a crescere, il finanziamento della spesa sociale entra in crisi» (Doc. XXII-bis, n. 1, pag. 14). La Commissione non esitò a sottolineare quindi che per vincere la «doppia sfida» rappresentata dall'invecchiamento della popolazione e dalla crisi del welfare state, accanto all'intervento pubblico e a quello privato con scopi di lucro, occorreva valorizzare il ruolo del cosiddetto «privato sociale», cioè di tutte le associazioni e i movimenti che non perseguono scopi di lucro, dagli ordini religiosi alle fondazioni laiche a scopo di assistenza e beneficenza, ai gruppi del volontariato che organizzano e gestiscono interventi non-profit anche nel settore degli anziani. Tali iniziative andavano apprezzate e valorizzate, poiché proponevano un recupero essenziale dei valori della solidarietà, in forme più consapevoli e partecipate, anche se le organizzazioni e i movimenti del privato sociale non dovevano svolgere un ruolo di supplenza nei confronti dello Stato.
La Commissione approvò la relazione conclusiva (relatore De Giuseppe, Doc. XXII-bis, n. 1) nella seduta del 27 luglio 1989 e la comunicò alla Presidenza del Senato il giorno seguente.