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Uranio impoverito

Commissione parlamentare d'inchiesta sui casi di morte e gravi malattie che hanno colpito il personale militare italiano impiegato nelle missioni internazionali di pace, sulle condizioni della conservazione e sull'eventuale utilizzo di uranio impoverito nelle esercitazioni militari sul territorio nazionale
Commissione parlamentare d'inchiesta sui casi di morte e gravi malattie che hanno colpito il personale militare italiano impiegato nelle missioni militari all'estero, nei poligoni di tiro e nei siti in cui vengono stoccati munizionamenti, nonché le popolazioni civili nei teatri di conflitto e nelle zone adiacenti le basi militari sul territorio nazionale, con particolare attenzione agli effetti dell'utilizzo di proiettili all'uranio impoverito e della dispersione nell'ambiente di nanoparticelle di minerali pesanti prodotte dalle esplosioni di materiale bellico
ommissione parlamentare d'inchiesta sui casi di morte e di gravi malattie che hanno colpito il personale italiano impiegato all'estero, nei poligoni di tiro e nei siti in cui vengono stoccati munizionamenti, in relazione all'esposizione a particolari fattori chimici, tossici e radiologici dal possibile effetto patogeno, con particolare attenzione agli effetti dell'utilizzo di proiettili all'uranio impoverito e della dispersione nell'ambiente di nanoparticelle di minerali pesanti prodotte dalle esplosioni di materiale bellico e a eventuali interazioni

Sintesi

XIV legislatura (30 maggio 2001-27 aprile 2006)
XV legislatura (28 aprile 2006 - 28 aprile 2008)
XVI legislatura (29 aprile 2008 - 14 marzo 2013)


La Commissione, composta da 21 senatori, si è costituita il 15 febbraio 2005. Presidente: sen. Salini (nomina annunciata il 15 febbraio 2005).

Nella XV legislatura la Commissione si è costituita il 13 febbraio 2007. Presidente: sen. Brisca Menapace (nomina annunciata il 6 febbraio 2007).

Nella XVI legislatura la Commissione si è costituita il 15 settembre 2010. Presidente: sen. Costa Rosario Giorgio (nomina annunciata il 4 agosto 2010).


(XIV legislatura)

La «Commissione parlamentare d'inchiesta sui casi di morte e gravi malattie che hanno colpito il personale militare italiano impiegato nelle missioni internazionali di pace, sulle condizioni della conservazione e sull'eventuale utilizzo di uranio impoverito nelle esercitazioni militari sul territorio nazionale» è stata istituita con deliberazione del 17 novembre 2004, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 276 del 24 novembre 2004. L’attività della Commissione venne successivamente prorogata con deliberazione del 20 dicembre 2005, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 299 del 24 dicembre 2005.

Come previsto dall’articolo 3 di tale deliberazione, la Commissione era composta da 21 senatori nominati dal Presidente del Senato che designava anche il suo Presidente tra i predetti componenti. La Commissione si costituì con la nomina a suo Presidente del senatore Rocco Salini (nomina annunciata il 15 febbraio 2005) e con l'elezione, da parte della Commissione, degli altri membri dell'ufficio di Presidenza, avvenuta nella stessa data. Il 15 marzo 2005 il senatore Salini cessò dalla carica di Presidente della Commissione perché entrato a far parte del Governo Berlusconi II; in data 21 marzo 2005 il Presidente del Senato chiamò quindi a presiederla il senatore Paolo Franco e la relativa comunicazione all’Assemblea di Palazzo Madama venne effettuata nella seduta pomeridiana del 21 marzo 2005.

Nel corso dell'Operazione “Allied Force” - la campagna di attacchi aerei portata avanti dalla NATO per oltre due mesi contro la Repubblica Federale di Jugoslavia di Slobodan Milošević e protrattasi dal 23 marzo al 10 giugno 1999 - si moltiplicarono, nel dibattito politico e sui mezzi di comunicazione, crescenti preoccupazioni sulla possibilità che l'utilizzo di munizionamento contenente uranio impoverito nelle predette operazioni militari comportasse un rilevante incremento dei rischi per la salute dei soggetti esposti agli effetti radiologici e tossicologici associabili a tale materiale, e segnatamente del personale militare e della popolazione civile residente nelle aree coinvolte. In tale contesto, dopo la diramazione di un documento della NATO-SHAPE (Supreme Headquarters Allied Powers Europe) del 1° luglio 1999, contenente la descrizione dei rischi associati all'esposizione ad uranio impoverito e delle precauzioni consigliate per il personale militare in presenza di siffatti rischi, si innescarono nuove preoccupazioni circa la possibilità che, almeno per il periodo pregresso, e segnatamente per le operazioni condotte dai contingenti precedentemente impiegati in Bosnia-Erzegovina, non vi fosse stata da parte dei Comandi militari una corretta percezione del problema, e che comunque fosse stata trascurata la divulgazione di quegli accorgimenti tecnici per l'eventualità dell'esposizione a residui di munizioni ad uranio impoverito. Nello stesso periodo, l'opinione pubblica venne a conoscenza di denunce in base alle quali si sarebbe manifestato un fortissimo aumento dell'incidenza di gravi patologie, in particolare di neoplasie a carico dell'apparato emopoietico, fra i militari che nei mesi e negli anni precedenti avevano preso parte alle missioni nei Balcani.

Nello scorcio finale della XIII Legislatura alla Camera dei deputati e al Senato si avvertì quindi la necessità di porre in essere un'attività conoscitiva e d'inchiesta di più ampia portata, al fine di tentare di pervenire ad un punto fermo su almeno alcuni degli aspetti di una vicenda che stava assumendo connotati particolarmente allarmanti. Il 10 gennaio 2001 la Commissione Difesa della Camera deliberò così di svolgere un'indagine conoscitiva «sulla prevenzione dei rischi e condizioni di sicurezza dei militari italiani impegnati nei Balcani», destinata a concludersi entro il 15 febbraio 2001. Nella stessa giornata del 10 gennaio 2001, in occasione delle comunicazioni del Ministro della Difesa Mattarella davanti all'Assemblea del Senato, veniva dato dal Presidente della 4a Commissione di tale ramo del Parlamento, senatore Di Benedetto, l'annuncio della promozione di una parallela indagine conoscitiva. Tale indagine, deliberata il 16 gennaio 2001 dalla Commissione Difesa del Senato, avrebbe dovuto avere ad oggetto, come indicato dal suo titolo, il «Livello di conoscenza, da parte italiana, dell'utilizzo di munizioni all'uranio impoverito da parte della NATO nelle vicende belliche nei Balcani e sulle misure adottate dalle Forze armate italiane per prevenire eventuali rischi per la salute connessi a tale impiego». A partire dal giorno successivo, il 17 gennaio 2001, la Commissione Difesa del Senato avviò peraltro l'esame congiunto di due proposte dirette ad attivare, sulle medesime problematiche, il più incisivo strumento dell'inchiesta parlamentare: la prima (Doc. XXII, n. 72), d'iniziativa del senatore Semenzato e di altri senatori, proponeva il ricorso a una Commissione d'inchiesta monocamerale, mentre la seconda (disegno di legge n. 4951, d'iniziativa dei senatori Forcieri e Agostini) optava per la formula bicamerale. La Commissione Difesa del Senato, dopo una discussione protrattasi per alcune sedute, perveniva, in data 8 febbraio 2001, all'approvazione in sede referente delle due proposte in un testo unificato, che prevedeva l'istituzione di una Commissione monocamerale di inchiesta composta da quindici senatori. L'iter della predetta proposta non proseguì, e quindi l'inchiesta parlamentare da essa prefigurata non ebbe corso.
La prospettiva, poi non concretizzatasi, dell'attivazione di un'inchiesta parlamentare induceva nel frattempo la Commissione Difesa del Senato a rinunciare allo svolgimento tanto dell'indagine conoscitiva monocamerale, che era stata da essa deliberata, che di un'indagine conoscitiva congiunta con la IV Commissione (Difesa) della Camera. Un invito a considerare la possibilità di procedere congiuntamente con tale Commissione era stato formulato, con lettera del 26 gennaio 2001, dal Presidente del Senato, ma fu successivamente reputato preferibile, in considerazione del fatto che presso l'altro ramo del Parlamento erano già state avviate le audizioni previste dal programma dell'indagine, evitare soluzioni organizzative suscettibili di risolversi in un ritardo nei relativi lavori.

La Commissione tecnico-scientifica al cui operato aveva fatto riferimento il presidente Spini nella seduta conclusiva dell'indagine conoscitiva della IV Commissione della Camera, correntemente chiamata «Commissione Mandelli», dal nome dell'illustre ematologo che fu chiamato a presiederla, dopo aver presentato una relazione preliminare ed una intermedia, rispettivamente il 19 marzo 2001 e il 28 maggio 2001, pervenne, a conclusione dei propri lavori, all'approvazione di una relazione finale, datata 11 giugno 2002. Il documento indicava innanzitutto in 44 il numero complessivo dei casi di neoplasie maligne segnalati entro il 31 dicembre 2001 fra i 43.058 militari e civili dipendenti del Ministero della difesa che dal dicembre 1995 e fino alla data di fine osservazione (novembre 2001) risultavano aver compiuto almeno una missione in Bosnia-Erzegovina o in Kosovo. Alla stregua di questi e di altri elementi di valutazione, la relazione finale della Commissione Mandelli arrivò alla conclusione che si era in presenza di un eccesso, statisticamente significativo, di casi di Linfoma di Hodgkin del quale, sulla base dei dati rilevati e delle informazioni disponibili, non era stato possibile individuarne le cause.
La relazione finale della «Commissione Mandelli» evidenziò dunque l'esistenza di un'aumentata incidenza di alcune patologie tumorali dell'apparato emopoietico. Essa si rivelò però fin da subito inidonea a instaurare un quadro di ragionevoli certezze circa le problematiche che erano state portate alla sua attenzione, anche per il suo carattere provvisorio e interlocutorio, in attesa dell'acquisizione di risultati di più ampie rilevazioni, in particolare di carattere epidemiologico, che da essa stessa venivano raccomandate. Da taluni fu inoltre ravvisata la presenza di rilevanti incongruenze nel lavoro compiuto dalla «Commissione Mandelli», incongruenze che ne avrebbero almeno in parte inficiato le conclusioni. A ciò si aggiunge che, com'era prevedibile, anche dopo la presentazione della relazione continuarono purtroppo a registrarsi casi di morte e gravi malattie fra i ranghi del personale militare e civile che era stato impegnato in missione nei Balcani.

È in tale contesto che, a metà della XIV legislatura, il Parlamento riprese a considerare l'opportunità dell'istituzione di una Commissione parlamentare d'inchiesta ad hoc, iniziativa che, come si è visto, era stata prospettata nello scorcio finale della XIII legislatura senza che però si pervenisse in tempo utile alla sua concreta realizzazione. Il 28 luglio 2004, la Commissione Difesa del Senato iniziò così l'esame in sede referente della proposta di inchiesta parlamentare d'iniziativa del senatore Forcieri e di altri senatori, presentata alla Presidenza del Senato il 20 luglio 2004, recante «Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sui casi di morte e gravi malattie che hanno colpito il personale militare italiano impiegato nelle missioni internazionali di pace, sulle condizioni della conservazione e sull'eventuale utilizzo di uranio impoverito nelle esercitazioni militari sul territorio nazionale» (Doc. XXII, n. 27).

In considerazione dell'esiguità del tempo disponibile, d'intesa con l'altro ramo del Parlamento, si optò per la deliberazione di un atto monocamerale e non di un disegno di legge, così da accelerare al massimo l'iter di approvazione del testo. Nella successiva seduta di esame della proposta, il 15 settembre 2004, la Commissione Difesa del Senato pervenne all'approvazione di questa, con un amplissimo consenso, e l'Assemblea la approvò in via definitiva nella seduta antimeridiana del 17 novembre 2004, dando vita così alla deliberazione istitutiva di questa Commissione.

L'attività conoscitiva svolta dalla Commissione si articolò in 19 sedute dedicate alle audizioni e in due missioni: nel corso delle sedute di audizione in sede plenaria furono ascoltati 36 fra titolari di cariche istituzionali, esperti, ufficiali delle Forze armate, funzionari pubblici e persone comunque coinvolte dalle problematiche oggetto dell'inchiesta (ad esempio, militari che si sono ammalati durante lo svolgimento di missioni all'estero o familiari di militari deceduti); per ciò che concerne le missioni, la Commissione, attraverso proprie delegazioni, ne svolse due: una in Sardegna, nel quadro degli accertamenti relativi alle problematiche concernenti le condizioni di conservazione e l'eventuale utilizzo di proiettili a uranio impoverito nei Poligoni militari (17 e 18 ottobre 2005); l’altra in Bosnia-Erzegovina e nel Kosovo, nel quadro degli accertamenti volti alla verifica delle condizioni di sicurezza nelle quali avevano operato i militari italiani impegnati nei contingenti ivi dislocati (28-29 novembre 2005). Nel corso di tali missioni furono sentite 51 persone, fra titolari di cariche istituzionali, militari italiani ed esperti.

Allo scopo di integrare i dati scientifici ed empirici a disposizione, la Commissione si avvalse della facoltà, prevista dall’articolo 5, comma 2, della deliberazione istitutiva, di affidare a due qualificati centri di ricerca la realizzazione di altrettanti studi di carattere tecnico-scientifico: “Studio su campioni di particolato prelevati in Kosovo e in Iraq e su campioni di siero umano di alcuni militari” (realizzato dal Centro "Nanodiagnostics srl", con sede in Modena); “Studio sulle conseguenze ecologiche e sanitarie dell'uso di armi ad uranio impoverito” (realizzato dal Centro U-Series, con sede in Bologna).

La Commissione approvò la relazione finale il 1° marzo 2006 (relatore Franco, Doc. XXII-bis, n. 4), trasmettendola alla Presidenza del Senato lo stesso giorno.

(XV legislatura)

La «Commissione parlamentare d'inchiesta sui casi di morte e gravi malattie che hanno colpito il personale italiano impiegato nelle missioni militari all'estero, nei poligoni di tiro e nei siti in cui vengono stoccati munizionamenti, nonché le popolazioni civili nei teatri di conflitto e nelle zone adiacenti le basi militari sul territorio nazionale, con particolare attenzione agli effetti dell'utilizzo di proiettili all'uranio impoverito e della dispersione nell'ambiente di nanoparticelle di minerali pesanti prodotte dalle esplosioni di materiale bellico» è stata istituita con deliberazione dell’11 ottobre 2006, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 247 del 23 ottobre 2006. Come previsto dall’articolo 3 di tale deliberazione, la Commissione era composta da 21 senatori nominati dal Presidente del Senato che designava anche il suo Presidente tra i predetti componenti. La Commissione si costituì con la nomina a suo Presidente della senatrice Brisca Menapace (nomina annunciata il 6 febbraio 2007) e con l'elezione, da parte della Commissione, degli altri membri dell'ufficio di Presidenza, avvenuta il 13 febbraio 2007.

Il 4 maggio 2006 era stata presentata dal senatore Malabarba e da altri senatori la proposta di inchiesta parlamentare concernente l’«Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sui casi di morte e gravi malattie che hanno colpito il personale italiano impiegato nelle missioni militari all'estero, nei poligoni di tiro e nei siti in cui vengono staccati munizionamenti, nonché le popolazioni civili nei teatri di conflitto e nelle zone adiacenti le basi militari sul territorio nazionale, con particolare attenzione agli effetti dell'utilizzo di proiettili all'uranio impoverito e della dispersione nell'ambiente di nanoparticelle di minerali pesanti prodotte dalle esplosioni di materiale bellico» (Doc. XXII, n. 3). Tale documento venne assegnato in sede referente alla 4a Commissione permanente (Difesa) che l’esaminò tra giugno e settembre dello stesso anno. Assegnato di nuovo, ma questa volta in sede deliberante, alla stessa Commissione, il documento fu da questa discusso e approvato nella seduta pomeridiana dell'11 ottobre 2006, dando luogo alla deliberazione istitutiva.

La missione istituzionale affidata alla Commissione di inchiesta dall’articolo 1 della deliberazione istitutiva è stata caratterizzata da una sostanziale continuità con i compiti attribuiti alla omologa Commissione di inchiesta che aveva operato nella XIV legislatura. Per ragioni di continuità, essa ritenne di acquisire i dati raccolti e le conclusioni raggiunte, ancorché in modo necessariamente parziale e provvisorio, dalle omologhe Commissioni parlamentari e ministeriali che avevano operato nella precedente legislatura. Tale scelta era anche giustificata dall’ampliamento del mandato assegnatole. Se infatti in precedenza scopo precipuo dell'inchiesta era stato quello di verificare l'eventuale utilizzo in Italia o all'estero da parte delle Forze armate italiane di munizionamento all'uranio impoverito ovvero la loro esposizione agli effetti di tale materiale nei teatri operativi delle missioni internazionali, nella XV legislatura, proprio sulla base della deliberazione del Senato dell'11 ottobre 2006 e dell'esperienza acquisita, l'inchiesta prese in considerazione, oltre all'uranio impoverito, altri possibili fattori di rischio che avrebbero potuto innescare le patologie considerate: in modo particolare (ma non esclusivo) si presero in considerazione gli effetti della dispersione ambientale delle cosiddette «nanoparticelle» di metalli pesanti prodotte dalle esplosioni di materiale bellico che, sulla base delle risultanze scientifiche, per la loro forma e dimensione, sono anch'esse riconducibili all'esplosione di ordigni all'uranio impoverito. Inoltre, mentre l'attenzione delle precedenti inchieste si era appuntata sul personale militare, quella di questa Commissione allargò il suo spettro di azione anche alle popolazioni civili residenti «nei teatri di conflitto e nelle zone adiacenti le basi militari sul territorio nazionale». Uno dei primi problemi affrontati riguardò la difficoltà di disporre di dati completi e attendibili sui casi delle patologie oggetto dell'inchiesta, sia in riferimento al personale militare che alle popolazioni civili interessate. La verifica e la stima del fenomeno risultò infatti tutt'altro che agevole, come hanno dimostrato qualificati esperti e scienziati che furono interpellati al riguardo e che avevano da tempo avviato una serie di studi, per loro natura tuttavia parziali ed incompleti.

Occorre poi sottolineare la grande difficoltà, riscontrata dalla Commissione, dell’individuazione, in termini scientifici, di un rapporto diretto di causa-effetto (nesso di causalità) tra le patologie e l'esposizione all'uranio impoverito o ad altri fattori di rischio. La Commissione promosse quindi un'attività sistematica di raccolta dei dati presso i competenti uffici del Ministero della Difesa, mediante la formulazione di quesiti volti ad individuare il personale militare ammalato o deceduto tra quello che, nel periodo 1996-2006, aveva prestato servizio nelle missioni all'estero o nei poligoni di tiro in Italia. Le relative risposte furono acquisite per il tramite della Polizia giudiziaria presso tutti i Distretti e i Centri sanitari militari e trasmessi, per le necessarie valutazioni, all'Istituto superiore di sanità. Da una prima valutazione dell'Istituto, il materiale raccolto si rivelò interessante ma, ancora una volta, si fece presente che lo stesso aveva natura eterogenea e incompleta e che, comunque, un'analisi seria e scientificamente rigorosa avrebbe richiesto tempi piuttosto lunghi. Parallelamente, il Ministro della Difesa Arturo Parisi avviò un più generale processo di raccolta, aggiornamento e verifica dei dati, i cui risultati furono comunicati nel corso delle sedute del 9 ottobre e del 6 dicembre 2007: in queste sedute il Ministro Parisi espresse il suo desiderio che vi fosse la massima trasparenza sull’argomento, rifiutando la possibilità di segretare parte dell’audizione e fornì le cifre riguardanti tutto il personale militare italiano che risultò essersi ammalato di tumore maligno nel periodo 1996-2006 nei quattro teatri operativi principali presi in considerazione ai fini dell'inchiesta (Balcani, Iraq, Afghanistan e Libano). Peraltro, trattandosi di dati parziali e considerato che per poter disporre di serie indicazioni statistiche epidemiologicamente significative, riguardanti sia il personale militare che quello civile, sarebbe stato necessario sottoporle anche ad una valutazione comparativa per fasce di età, per tipi di tumore e per periodi di esposizione reali e corrispondenti all'impiego in zone a rischio, va ribadito il carattere approssimativo per difetto delle stime fatte. Proprio per queste ragioni, il 23 novembre 2007 fu costituito un apposito organismo di ricerca, denominato «Comitato per la prevenzione e il controllo delle malattie del Ministero della Difesa», composto da ricercatori di riconosciuta competenza scientifica prescelti, oltre che dal Ministero della Difesa, da quelli della salute e della ricerca, anche su indicazione della stessa Commissione.

Durante l'audizione dei consulenti e degli esperti svoltasi nella seduta del 4 ottobre 2007, fu chiaramente segnalata la natura genotossica dell'uranio impoverito, da un punto di vista sia chimico che radiologico. Va altresì ricordato che un aumento significativo dei linfomi di Hodgkin fra i militari italiani che avevano operato nei Balcani era già stato evidenziato nell'inchiesta condotta dalla cosiddetta «Commissione Mandelli» (istituita dal Ministero della Difesa nel 2000).

Vista la complessità, l'ampiezza e il rilievo anche sociale delle tematiche affrontate, il 21 dicembre 2007 fu presentata in Senato la proposta di proroga di un anno (Doc. XXII, n. 3-bis), sottoscritta dai rappresentanti di tutte le forze politiche e assegnata in sede deliberante alla Commissione Difesa, la cui discussione, iniziata nella seduta pomeridiana del 16 gennaio 2008, fu interrotta a causa dell'apertura della crisi del secondo Governo Prodi che decretò la fine della legislatura.

La Commissione approvò la relazione finale (relatore Brisca Menapace, Doc. XXII-bis, n. 2) il 12 febbraio 2008, trasmettendola alla Presidenza del Senato il giorno seguente.

(XVI legislatura)

La «Commissione parlamentare d'inchiesta sui casi di morte e gravi malattie che hanno colpito il personale italiano impiegato nelle missioni militari all'estero, nei poligoni di tiro e nei siti in cui vengono stoccati munizionamenti, in relazione all'esposizione a particolari fattori chimici, tossici e radiologici dal possibile effetto patogeno, con particolare attenzione agli effetti dell'utilizzo di proiettili all'uranio impoverito e della dispersione nell'ambiente di nanoparticelle di minerali pesanti prodotte dalle esplosioni di materiale bellico e a eventuali interazioni» è stata istituita con deliberazione del 16 marzo 2010, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 65 del 19 marzo 2010. Successivamente, tale deliberazione fu integrata dalle deliberazioni del 22 febbraio e del 20 giugno 2012, che prorogarono fino al termine della legislatura la durata, originariamente prevista per due anni decorrenti dalla data della costituzione, e provvidero ad assicurare la continuità della relativa dotazione finanziaria.

Come previsto dall’articolo 2 della deliberazione istitutiva, la Commissione era composta da 21 senatori nominati dal Presidente del Senato che designava anche il suo Presidente tra i predetti componenti. La Commissione si costituì con la nomina a suo Presidente del senatore Costa (nomina annunciata il 4 agosto 2010) e con l'elezione, da parte della Commissione, degli altri membri dell'ufficio di Presidenza, avvenuta il 15 settembre 2010.

Il 22 maggio 2008 era stata presentata dal senatore Casson e da altri senatori la proposta di inchiesta parlamentare concernente l’«Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta che indaghi sui casi di morte e gravi malattie che hanno colpito il personale italiano impiegato nelle missioni militari all'estero, nei poligoni di tiro e nei siti in cui vengono stoccati munizionamenti, anche sulla base dei dati epidemiologici disponibili, riferiti alle popolazioni civili nei teatri di conflitto e nelle zone adiacenti le basi militari sul territorio nazionale in relazione all'esposizione a particolari fattori chimici, tossici e radiologici dal possibile effetto patogeno, con particolare attenzione agli effetti dell'utilizzo di proiettili all'uranio impoverito e della dispersione nell'ambiente di nanoparticelle di minerali pesanti prodotte dalle esplosioni di materiale bellico e a eventuali interazioni» (Doc. XXII, n. 7). Successivamente, il 1° ottobre 2008, il senatore Balboni ed altri senatori presentarono l’analoga proposta dal titolo «Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sui casi di morte e gravi malattie che hanno colpito il personale italiano impiegato nelle missioni militari all'estero, nei poligoni di tiro e nei siti in cui vengono stoccati munizionamenti, nonché le popolazioni civili, con particolare attenzione agli effetti dell'utilizzo di vaccini» (Doc. XXII, n. 10). Nello stesso mese di ottobre i due documenti furono assegnati alla 4a Commissione permanente (Difesa) per il loro esame congiunto in sede referente e nel dicembre 2008 la Commissione decise per l’adozione di un testo unificato che venne discusso e approvato dall’Assemblea di Palazzo Madama nella seduta del 16 marzo 2010, dando vita alla deliberazione istitutiva.

La missione istituzionale, affidata alla Commissione di inchiesta dall’articolo 1 della deliberazione istitutiva, era caratterizzata da una sostanziale continuità con i compiti attribuiti alle omologhe Commissioni di inchiesta che avevano operato nella XIV e nella XV legislatura. Oggetto dell'indagine delle prime due Commissioni era stato quello di verificare i possibili effetti di contaminazione derivanti dall'uranio impoverito, utilizzato nelle corazze dei carri armati, nelle munizioni anticarro e in diversi tipi di proiettili, e individuare le cause di quella che è conosciuta come «sindrome dei Balcani», ossia quella lunga serie di malattie - per lo più linfomi di Hodgkin e altre forme cancerogene - che colpirono i soldati italiani al ritorno dalle missioni di pace internazionale. La Commissione di inchiesta della XVI legislatura ebbe però un campo d'indagine più ampio rispetto alle precedenti, perché si volle includere, tra i suoi compiti, l'osservazione di altri fattori di rischio per la salute emersi nel frattempo: tra questi in primo luogo l'amianto, che per lungo tempo è stato presente negli ambienti di servizio delle nostre Forze armate, soprattutto nelle navi militari, causando a molti militari imbarcati patologie asbesto correlate. Il campo di indagine si allargò, inoltre, ai vaccini somministrati al personale militare, in merito ai quali si ritenne opportuno verificare, come segnalato da alcuni indicatori, se in determinate condizioni di forte tossicità non potessero costituire un fattore di rischio.

La Commissione Difesa, nel corso dell'esame delle proposte avanzate dai senatori Casson e Balboni, mise in evidenza fondamentalmente quattro punti relativi all’attività della Commissione d’inchiesta da istituire. Il primo punto fu la necessità che tale attività si soffermasse, in particolare, su disturbi, patologie e danni messi in relazione alle pratiche di vaccinazione e all'azione dei vaccini in determinati contesti, vista la sempre più accertata gravità del fenomeno. Tale aspetto era già stato affrontato durante i lavori della Commissione di inchiesta della precedente legislatura. Il secondo punto fu che il campo di indagine della Commissione comprendesse anche, in modo esplicito, i danni e i rischi derivanti dalla presenza in ambito militare dell'amianto e del radon. Il terzo punto emerso nel dibattito in Commissione Difesa fu che la Commissione dovesse approfondire la questione dei risarcimenti, sottolineando la necessità di migliorare il sistema risarcitorio in termini di chiarezza e trasparenza, semplificando la normativa in materia, adottando procedure oggettive e cercando di equiparare il trattamento riservato alle vittime di patologie varie al trattamento riservato alle vittime del dovere e del terrorismo. Il quarto punto, infine, era che la Commissione d'inchiesta si avvalesse anche della collaborazione del «Comitato per la prevenzione e il controllo delle malattie» - istituito con apposito Decreto Ministeriale il 23 novembre 2007 dall'allora Ministro della Difesa Arturo Parisi e insediatosi il 14 dicembre dello stesso anno - al fine di indagare sui casi di malattia che avevano colpito i militari in missione e sul territorio nazionale; tale Comitato era composto da esperti delle diverse competenze scientifiche, segnalate dal CNR, dalle università e dalla sanità militare, e avrebbe potuto fornire un ottimo supporto al lavoro della Commissione.

La Commissione, nel corso della sua attività, volle avvalersi degli strumenti tipici dell’inchiesta parlamentare: in primo luogo ascoltò studiosi ed esperti, gli esponenti di vertice dell’autorità sanitaria militare, coloro che erano stati colpiti dalle patologie e i familiari di coloro che erano deceduti, nei casi in cui avevano fatto richiesta di essere ascoltati, nonché le associazioni di rappresentanza. Inoltre furono effettuate 6 missioni da parte di delegazioni della Commissione o di singoli componenti incaricati dal Presidente, nonché sopralluoghi tecnici presso poligoni di tiro militari. La Commissione si avvalse anche di 21 collaboratori esperti di riconosciuta fama delle diverse materie oggetto dell’indagine; tutte le consulenze, per deliberazione dell’Ufficio di Presidenza integrato dai rappresentanti dei gruppi politici, furono prestate a titolo gratuito.

La Commissione, nel corso dell’attività istruttoria, tenne costantemente presente l’esigenza di correlare la ricerca sulle cause delle patologie e dei decessi a tutti gli altri temi dell’indagine, in particolare per quanto atteneva al profilo degli indennizzi per le vittime ed agli aspetti riconducibili al tema più generale della prevenzione. Proprio a questo fine, la Commissione ritenne suo dovere attenersi strettamente al profilo politico, normativo ed amministrativo delle diverse questioni affrontate che, per la loro stessa natura, comportavano numerose implicazioni sul piano più strettamente scientifico: la Commissione non intese mai entrare in tale ambito, né tantomeno ispirare i propri orientamenti o le proprie conclusioni a questa o quella ipotesi scientifica, sottolineando che si trattava di due piani diversi ed indipendenti che non dovevano interferire tra loro per non ledere, da un lato, l’autonomia della comunità scientifica e, dall’altro, per non condizionare e limitare in senso ideologico l’azione dell’organo parlamentare inquirente. Di fronte a un dibattito scientifico ancora aperto, la Commissione ritenne di dovere ribadire principi e criteri che a suo avviso potevano costituire un elemento di orientamento per l’azione delle istituzioni: in primo luogo, la necessità di ispirare la legislazione in materia di indennizzi ad un criterio probabilistico, che prescindesse dall’accertamento puntuale di un nesso di causalità tra esposizione ad agenti patogeni di varia natura e malattie invalidanti, spesso indimostrabile; la Commissione ritenne, in sostanza, che fosse necessario basarsi sulle circostanze di fatto che consentivano di identificare, in determinati contesti ambientali ed operativi, cause possibili, o concomitanza di cause possibili, riguardo all’insorgere delle patologie, secondo un principio di multifattorialità causale, evitando spiegazioni unilaterali, suscettibili di dare luogo a condanne spesso ingiustificate e ad altrettanto ingiustificate assoluzioni. Strettamente correlato a questo criterio era, per la Commissione, la necessità quindi di applicare il principio di precauzione in assenza di definitive conclusioni scientifiche su possibili fattori di rischio. La Commissione sostenne anche la necessità del principio di leale collaborazione tra le istituzioni, come pure l’importanza di una sinergia tra la Sanità civile e la Sanità militare.

La Commissione approvò una relazione intermedia (relatore Costa, Doc. XXII-bis, n. 6) il 18 gennaio 2012 che trasmise alla Presidenza del Senato il giorno successivo; successivamente approvò la relazione finale (relatore Costa, Doc. XXII-bis, n. 8) il 9 gennaio 2013, trasmettendola alla Presidenza del Senato lo stesso giorno.