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Perequazione tributaria

Commissione parlamentare consultiva per il testo unico sulla perequazione tributaria
Commissione parlamentare per il parere sui testi unici in materia di imposte dirette e sulle norme per la riscossione (perequazione tributaria)

Sintesi

I legislatura (8 maggio 1948 - 24 giugno 1953)
II legislatura (25 giugno 1953 - 11 giugno 1958)

La Commissione, composta da 5 senatori e 5 deputati, fu nominata dai Presidenti del Senato e della Camera rispettivamente l'8 e il 15 febbraio 1951.
Nella II legislatura la Commissione, composta da 5 senatori e 5 deputati, fu nominata il 23 febbraio 1956.

Il disegno di legge Norme sulla perequazione tributaria e sul rilevamento fiscale straordinario, di iniziativa governativa, fu presentato al Senato (n. 577) il 26 luglio 1949 e assegnato per l'esame in sede referente alla Commissione Finanze e Tesoro. La Commissione presentò la sua relazione (n. 577-A) all'Assemblea il 19 luglio 1950 e questa discusse il disegno di legge nel luglio e nell'ottobre 1950, approvandolo, con emendamenti, il 27 di ottobre. Trasmesso alla Camera (n. 1619) il 31 dello stesso mese, fu assegnato per l'esame in sede referente alla Commissione Finanze e Tesoro che presentò la sua relazione (n. 1619-A) il 28 novembre 1950. L'Assemblea di Montecitorio lo discusse il 30 novembre e nelle prime due settimane di dicembre, pur avendo deliberato, il 7 dicembre, di rimettere alla stessa Commissione la formulazione di alcuni articoli, ai sensi dell'articolo 85 del Regolamento all'epoca vigente alla Camera. Tornato all'Assemblea, il disegno di legge fu approvato il 19 dicembre con emendamenti. Trasmesso lo stesso giorno di nuovo al Senato (n. 577-B), fu discusso e approvato definitivamente il 22 dicembre 1950. Divenne la legge 11 gennaio 1951, n. 25.

La legge 11 gennaio 1951, n. 25, Norme sulla perequazione tributaria e sul rilevamento fiscale straordinario, resta il primo fondamentale provvedimento che diede inizio alla riforma del sistema tributario italiano. Chiamata anche "legge Vanoni", dal nome del suo presentatore, l'allora Ministro delle finanze Ezio Vanoni, la legge contribuì a creare un moderno sistema di imposizione diretta, allo scopo di conoscere il reddito effettivo dei contribuenti, tassandolo in forma proporzionale e progressiva, secondo quanto disposto dall'articolo 53 della Costituzione: «Tutti sono tenuti a concorrere nelle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. Il sistema tributario è informato a criteri di progressività». I punti cardine di questa legge furono l'obbligatorietà della presentazione della dichiarazione annuale dei redditi per tutti i contribuenti italiani, la diminuzione delle aliquote sulle quali pagare le imposte, il riordino delle imposte dirette, una nuova quantificazione degli imponibili. La "legge Vanoni" venne chiamata di perequazione tributaria perché l'obiettivo era quello di creare un ordinamento attraverso il quale ciascuno potesse contribuire alla spesa pubblica secondo le proprie possibilità, in linea con l'idea di giustizia sociale che ispirava la politica fiscale di Vanoni. Tale legge prendeva le mosse dal decreto legislativo luogotenenziale 24 agosto 1945, n. 585 - abrogato dal decreto del Presidente della Repubblica 29 gennaio 1958, n. 645 - che già prevedeva, all'articolo 1, l'obbligo, per chiunque possedesse redditi o patrimoni soggetti alle imposte dirette, a dichiararli. L'articolo 49 della legge n. 25 del 1951 statuiva l'emanazione da parte del Governo della Repubblica di un testo unico che coordinasse le disposizioni contenute nei due provvedimenti, sul quale una Commissione parlamentare consultiva creata ad hoc avrebbe espresso il parere.

Una Commissione parlamentare consultiva, composta, come quella appena citata, da cinque senatori e da cinque deputati, era prevista anche dalla legge 5 gennaio 1956, n. 1, Norme integrative della legge 11 gennaio 1951, n. 25, sulla perequazione tributaria. La legge del 1951 non esauriva le esigenze di una completa riforma tributaria e già nella seduta del 7 dicembre 1950, nell'ambito della discussione alla Camera del relativo disegno di legge già citato (n. 1619), lo stesso Ministro delle finanze Vanoni ne aveva sottolineato i limiti: «La legge non è la riforma, ma è la premessa necessaria a qualsiasi riforma; essa contiene solo quegli elementi che sono stati considerati strettamente indispensabili per attuare il sistema della dichiarazione, che è la premessa per il successivo riordinamento del nostro sistema di imposizione. Occorre sapere se il Parlamento approva questi principi prima di por mano a più ampi rimaneggiamenti delle nostre leggi di imposta, perché il criterio della dichiarazione unica annuale importa la riaffermazione del principio della tassazione del reddito effettivo e l'abbandono definitivo del criterio della tassazione dei redditi fiscali rappresentativi del reddito reale; importa affinamento dei metodi di accertamento in certe direzioni e mediante strumenti che divergono da quelli utilizzabili per il rilievo dei redditi normali; importa, infine, l'evoluzione dell'intero sistema dell'imposizione diretta verso forme più complete e più perfette di legislazione e di amministrazione. Questa complessa opera non poteva essere iniziata sul. terreno legislativo prima di porre come fondamento, come pietra angolare di questo edificio, il principio della dichiarazione e prima di rendere effettiva l'applicazione del principio della dichiarazione annuale».

Nel solco, quindi, delle direttive tracciate dalla legge 11 gennaio 1951, n. 25 e sulla base delle esperienze fatte nella sua prima applicazione, nella II legislatura venne presentato in Parlamento, dal Ministro delle Finanze Tremelloni, il disegno di legge Norme integrative della legge 11 gennaio 1951, n. 25, sulla perequazione tributaria. Pur considerando che che la riforma tributaria, in quanto connessa anche a un cambiamento del costume collettivo, richiedesse tempo e che non poteva che attuarsi con gradualità, il provvedimento si proponeva in primo luogo di stabilire più precise norme e più adeguati strumenti per l'accertamento dei redditi da parte dello Stato, rendendo più ferme le sanzioni per i casi più. gravi di evasione e di frode a danno dell'Erario; rettificava alcuni punti della legislazione vigente al fine di indicare uno strumento per determinare più precisamente il reddito assoggettabile all'imposta di ricchezza mobile, categoria B; introduceva il giuramento nel processo tributario. Il disegno di legge fu presentato in Senato (n. 462) il 6 aprile 1954 e fu assegnato, per l'esame in sede referente, alla Commissione Finanze e Tesoro la quale, il 15 gennaio 1955, comunicò alla Presidenza di Palazzo Madama la sua relazione (n. 462-A). Discusso dall'Assemblea dal 18 al 28 gennaio 1955, fu approvato in quest'ultima data con emendamenti. Trasmesso alla Camera (n. 1432) il 1° febbraio, venne assegnato alla Commissione Finanze e Tesoro per l'esame in sede referente. L'8 aprile 1955 la Commissione presentò la relazione (n. 1432-A) all'Assemblea che iniziò la discussione del disegno di legge il 14 aprile e continuò fino al 22 dello stesso mese e poi riprese il 14 dicembre per poi approvare il disegno di legge il 17 dicembre, con emendamenti. Trasmesso di nuovo al Senato (n. 462-B) fu assegnato in sede deliberante alla Commissione Finanze e Tesoro per esaminare e discutere le modificazioni apportate dalla Camera e per poi approvarlo definitivamente nel testo da questa presentato, il 19 dicembre 1955. Divenne la legge 5 gennaio 1956, n. 1.